“E voi dove vi piace andate, acque turbamento del vino, andate pure dagli astemi: qui c’è il fuoco di Bacco.”
(Gaio Valerio Catullo)
Nonostante il vino vanti origini preistoriche, fu attraverso la civiltà ellenica che esso si guadagnò un posto di grande prestigio. Secondo la mitologia fu Dionisio, dio dalla “doppia nascita”, ad inventare l’arte della fabbricazione del vino e a farne dono all’uomo.
La divina bevenda iniziò così a fare il suo ingresso nell’arte, come parte integrante dell’iconografia di Dionisio.
Le più antiche rappresentazioni ce lo mostrano come un giovane virile dalla barba incolta, atta ad esaltare la sua natura silvana legata al culto rustico dei baccanali. Pian piano, tuttavia, si affermò l’immagine di un Dionisio glabro ed efebico: un dio dall’aspetto giovanile con fattezze dolci e quasi femminili, immagine questa che trionfò nell’Urbe.
Questa doppia raffigurazione testimonia l’ambivalenza dell’essenza del dio: un dio del lavoro, della terra e dell’ordine, ma anche un dio dell’ebrezza e della follia. Ambivalenza che è propria anche dell’arte pittorica, tutta protesa a mettere ordine nel caos della natura. L’aspetto orgiastico di Dionisio è anche simbolo di fertilità e di creatività; presso gli antichi il dio era considerato il dio dell’ispirazione e protettore di tutte le arti. Vi è dunque uno stretto legame tra arte e vino, tra spirito dionisiaco e produzione artistica.
Lo stesso Platone nello Ione riconduceva l’origine della poesia allo stato di euforia, alla privazione delle facoltà razionali.
“E come quelli che coribanteggiano, forsennati, ballano; così i poeti melici son fuori del sentimento quando fanno di queste odi belle, e, occupati di Dio, immantinente ch’eglino sono rapiti nell’armonia e nel ritmo, baccheggiano. E come le baccanti attingono dai fiumi miele e latte, mentre ch’elle sono in furia, savie no: così simigliamente avviene entro l’anima dei poeti melici, come dicono essi medesimi.”
(Platone, Ione)
Secondo la visione platonica il vino nella coppa di Dionisio non sarebbe solo una piacevole bevanda, ma il mezzo offerto dal dio stesso per raggiungere quello stato di grazia atta ad esprimere il furor creativo.
Una bevanda magica che venne ad assumere anche valenze iniziatiche: legato alla stagionalità della vegetazione, il culto di Dionisio divenne l’epsressione mitologica della speranza che questa palingenesi potesse riguardare anche la vita umana, in una serie continua di morte e di rinascita.
“L’ebrezza del vino uccide e fa rinascere: piacevole è la morte che procura, ma ancor più lo è la vita.”
(Al-Akhatal)
Dotato di qualità mistiche, creative ed orgiastiche, nell’antica Roma il momento del vino coincideva con le dichiarazioni ufficiali e le confidenze private: tolti i freni inibitori gli animi si svelavano sugellando, così, amicizie e profonde alleanze.
“Nel molto vino ogni penar si stempera, risorge allora il riso e anche il povero alza la fronte e dalla fronte fugge ogni ruga ogni affanno ogni dolore, sincerità spalanca a tutti i cuori oggi tra noi sì rara, ogni menzogna scuote da noi il dio.”
(Ovidio)
La musica, la danza e l’erotismo sono le gioie portate agli uomini da Dionisio attraverso il vino, nel variegato manifestarsi di mirabili produzioni artistiche che dal vino sono ispirate e plasmate.
Dall’antichità fino ai nostri giorni, il vino è stato il protagonista di suggestive rappresentazioni evocando sapori, odori, pensieri, storie e desideri emanati dal prezioso nettare. Gioielli da assaporare con lo sguardo, gustando, goccia a goccia, la sensazione che il vino distilla nella creazione degli artisti.
“Il vino sa rivestire il più sordido tugurio
d’un lusso miracoloso
e innalza portici favolosi
nell’oro del suo rosso vapore,
come un tramonto in un cielo annuvolato.”
(Charles Baudelaire)
Bevi vino, che’ vita eterna è questa vita mortale, E questo è tutto quel c’hai della tua giovinezza; Ed or che c’è vino, e fiori ci sono, e amici lieti d’ebrezza, Sii lieto un istante ora, che’ questa, questa è la Vita.”
(Omar Khayyam)